Nove anni e tre mesi di reclusione, senza sconti né patteggiamento. Si chiude così il secondo capitolo giudiziario sull’aggressione ad Arturo (nella foto), lo studente accoltellato alla gola da una baby gang, il 18 dicembre 2017 in via Foria, senza alcun motivo se non la violenza pura e gratuita. E’ stato il giudice Maurizio Stanziola, della Corte d’appello per i minorenni, a firmare la sentenza confermando totalmente l’impostazione accusatoria che aveva definito il processo in primo grado. Nove anni e tre mesi di reclusione, quindi, è la condanna decisa per F.P.C., soprannominato o nano, uno dei primi ragazzini della gang a essere riconosciuto e arrestato dalla polizia; per G.P., detto tic tac e indicato come uno dei capi della gang, e per A.R.., finito sotto accusa dopo gli altri e che aveva proposto di patteggiare 7 anni e 8 mesi. Sono i tre imputati del processo: per l’accusa, gli aggressori di Arturo. Con la condanna sfuma per loro, almeno per ora, la possibilità di misure alternative, il sogno della messa alla prova. All’epoca dei fatti avevano tra i 15 e i 16 anni. Quel 18 dicembre indossavano felpe e cappucci e camminavano in branco per le vie della città, armati di coltello. Avevano voglia di aggredire qualcuno, ci provarono con un altro giovane prima di Arturo. Arturo, all’epoca 17 anni, stava rientrando a casa. Lo videro e lo accerchiarono. Dove vai? gli chiesero. Ma era solo un pretesto. Lo bloccarono e lo ferirono. E non con una sola coltellata, ma con venti. Arturo ha dovuto affrontare un lungo e delicato percorso di riabilitazione. E adesso può tornare a pensare all’esame di maturità da affrontare tra un mese, al suo futuro. «Oggi non siamo noi a incassare una vittoria ma la società civile a portare a casa un risultato» dice Maria Luisa Iavarone, la mamma di Arturo che ha deciso di fondare anche un’associazione, Artur, attiva contro il bullismo e la violenza tra i giovani. Una sentenza di conferma in Appello del verdetto di primo grado. Iavarone racconta che se la augurava ma non la dava per scontata: «È la risposta di giustizia da parte di una magistratura rigorosa, che ha affrontato il caso con equilibrio e senso di responsabilità». Un pensiero, infine, Maria Luisa Iavarone, lo ha dedicato ai tre imputati: «Ai tre ragazzi condannati auguro di riuscire a usare questo tempo per riflettere e intraprendere un nuovo percorso per riprogettare la propria vita».
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